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Manuel: "Tra dieci anni mi vedo in piedi"

Federazione
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La prima “libera uscita” lo riporta nel cuore del nuoto. Manuel Bortuzzo lascia per alcune ore la Fondazione Santa Lucia, eccellenza nel settore, dove ha iniziato la neuro-riabilitazione e abbraccia simbolicamente tutti coloro che lo hanno conosciuto, seguito, assistito, supportato, incoraggiato, amato incondizionatamente da quella maledetta notte tra il 2 e 3 febbraio ad oggi. Per farlo sceglie il luogo a lui più caro, il Centro Federale di Ostia, nella piscina in cui si allenava con i campionissimi Gregorio Paltrinieri, Gabriele Detti e l’amica Ilaria Cusinato, che conosce fin dai tempi di Venezia. Al suo fianco, come sempre, mamma Rossella e papà Franco e il presidente della Federazione Italiana Nuoto Paolo Barelli. 
Da quella tragica notte all’Axa, Manuel è diventato il figlio di tutti. E lui è più forte di tutti gli altri. Non conosce la compassione, non conosce il rancore, conosce solo la speranza e la fede. “Non maledico quel giorno, perché stavo vivendo la mia vita – dice con voce chiara e convincente – Si è trattato di uno sbaglio e adesso voglio soltanto andare avanti e pensare a me stesso. Non mi importa di chi mi ha sparato, cosa posso dire di quel genere di persone, se li incotrassi riderei. Lo sport mi ha insegnato a restare tranquillo, ma questa forza interiore fa parte della nostra famiglia. L’aiuto di tutti voi è importante e vi ringrazio”. Non si aspettava così tanto affetto e non si immaginava di diventare un esempio per tanti ragazzi. “Dagli amici non mi aspettavo tutta questa vicinanza, ma ora ci sto facendo l’abitudine ed è bellissimo. Testimonianze sono arrivate dall'intero mondo dello sport italiano ed è stato come riunirlo tutto insieme in una unica, grande, famiglia. E’ venuta a trovarmi anche Bebe Vio; abbiamo parlato di tante cose, mi ha raccontato la sua storia e come ha affrontato la sua condizione. E’ molto forte e mi ha trasmesso tanta positività. La cuffia di Gabriele Detti non la tolgo mai quando mi alleno e l’ho messa anche il primo giorno che sono tornato in acqua”. E’ consapevole della sua nuova condizione e la affronta con una forza ed un coraggio poco comuni in un ragazzo così giovane. “Sta bruciando le  tappe”, come dice il papà Franco.
“Certo che trovarmi così a 19 anni non è il massimo – prosegue con la saggezza di un filosofo – però c’è chi mi sta aiutando davvero tanto”. Dove non arriva la scienza arriva la fede. “Come mi vedo tra dieci anni? Mi vedo in piedi. Il mio sogno più grande è camminare, ma ora l’importante è che stia andando tutto per il meglio. A chi vive la mia stessa situazione dico di non abbattersi mai, di guardarsi dentro e trovare la forza di riprendersi la propria quotidianità".
E’ saggio anche nel guardarsi indietro. “Certo che metto a confronto le due vite ma lo faccio soltanto per un fatto puramente pratico e logistico. Io resto sempre lo stesso e con me ci sono la mia famiglia, quella del nuoto e la mia ragazza Martina”. Tutto, nel bene e nel male, è legato a questo territorio. All’Infernetto nuotava e alloggiava presso l’impianto del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle, al centro federale di Ostia si allenava e passava a sua quotidianità, all’Axa è accaduto il tragico evento. Al centro federale, dove si allenava con Greg & Co., è voluto tornare per il suo primo giorno di "libera uscita" dopo un mese di terapia. “Qui sto bene, mi piace, è il mio ambiente. Questo territorio mi ha tolto tanto, ma anche dato tanto. Nuoto, fidanzata, amici. Chissà, magari un domani mi ci compro casa”.
 
Foto Andrea Staccioli/Insidefoto/Deepbluemedia.eu
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