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Mondiali. Flamini, l'ultimo tango della tigre

Sincro
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La tigre azzurra dice addio. Una vita da sincronetta. Diciannove anni di nazionale con un'Olimpiade a Rio 2016, otto mondiali e sette europei assoluti. La più longeva e medagliata della storia italiana. Manila Flamini, Aurelia Nuoto e Fiamme Oro, dice basta dopo una vita passata in acqua tra spinte, barracuda, verticali, connessioni, estensioni, musiche, paillettes e gelatina in testa. Prima medaglia d'oro della storia per il nuoto sincronizzato italiano insieme a Giorgio Minisini. Quattro medaglie mondiali e tredici europee. Il doppio argento di Gwangju nel tecnico e libero del duo mixed come ultimo regalo ad una carriera che ha spaziato nei cinque continenti e l'ha vista protagonista nelle piscine di tutto il mondo. "Ho aspettato tantissimo questo momento. Ero convinta di smettere già dopo l'oro di Budapest, dove non ci aspettavamo di vincere. Avevamo lavorato tanto per quel successo, ma sapevamo di avere tanti fattori che ci remavano contro. Poi andare lì e mettersi dietro la Russia, rimescolando le carte in tavola, mi ha messo in grande difficoltà. Due giorni dopo il mondiale ho preso la decisione di continuare, appoggiata dalla mia famiglia e da mio marito. E' stata una decisione difficile perché sentivo da una parte il bisogno di una maternità, ma aveva tanta voglia di dimostrare che avevo ancora qualcosa da dire in questo sport. Nel biennio ho avuto diversi momenti di crisi, soprattutto lo scorso anno. Quest'anno invece vedevo che mancava poco e allora la voglia aumentava e con lei la determinazione. Poi con Giorgio aumentava ancora di più il feeling, eravamo determinati e sapevamo che potevamo giocarci una medaglia importante. Più di questo non potevamo fare, gli allenamenti sono stati duri, ma tutto è stato ripagato da questo risultato".

IL MOMENTO PIU' BELLO E BRUTTO. "Il momento più bello è stato l'attimo prima di scoprire che stavamo diventando campioni del mondo a Budapest. In quell'attimo mi si è svuotato il cervello. Non provavo emozioni. Poi ho sentito il boato e visto le bandiere italiane sventolare e allora ci siamo accorti che eravamo veramente campioni del mondo. Il momento più difficile è stato dopo il mondiale perché avevamo negli occhi la nostra esibizione, sapevamo che ogni volta che ci buttavamo in acqua pretendevamo di nuotare in quel modo. Quindi quando ho ripreso ad ellenarmi, non riuscire ad esprimermi a quel livello mi ha bloccato psicologicamente. Quest'anno invece con l'aiuto dello staff e dello psicologo Stefano Tamorri è stato molto più semplice, perché ci ha sbloccato proprio dal punto di vista mentale e nella gestione di un successo così importante".

BUDAPEST. "Budapest è una città che mi ha regalato tantissime soddisfazioni. Lì abbiamo conquistato la prima medaglia di bronzo con la squadra nel 2006. Eravamo un gruppo giovane, di diciottenni che non avevano neanche ancora preso la maturità; non sapevamo in che direzione andare, ma avevamo tanta voglia di spaccare il mondo. Mi ricordo che la competizione fu contro la Grecia che ci guardava dall'alto dalla sua esperienza, ma che poi rimase a secco contro una squadra di ragazzine inesperte. Da lì siamo andate avanti come treni. Poi ci fu un europeo non fortunato con l'Ucraina che ci beffò cominciando la sua grande ascesa. Infine ll trionfo di due anni fa che resterà indimenticabile".

GLI INIZI. "Ho iniziato a nuotare al centro sportivo Fulvio Bernardini vicino a Pietralata dove ora ci alleniamo. Poi venne Cristina Del Sette che mi vide e contattò mia madre, dicendo se volevo fare nuoto sincronizzato. Io nuotavo bene e avevo preso tutti i brevetti, ma volevo giocare a pallavolo. Il test fu duro con varie prove come le gambe a bicicletta e gli scivolamenti. Ma vivere la piscina senza dover più nuotare e seguire la riga di fondo mi sembrò la cosa più bella del mondo. Questo mi ha stimolato e in accordo con mia madre finimmo per accettare non senza sacrifici perché abitando in periferia sulla Prenestina doveva accopagnarmi tutti i giorni agli allenamenti. Ho iniziato alla G2 dove a mala pena eseguivo l'esericio di squadra. Poi scelsi la Roma 70 per ragioni logistiche e lì capii che per andare avanti dovevo mettere da parte la timidezza e tirare fuori le unghie. Lì trovai una squadra molto forte e compatta che stimolò la mia crescita aiutandomi a correggere giorno dopo giorno i miei errori. Dopo due anni arrivò la prima convocazione in nazionale nella Coppa Comen, per poi spiccare il volo".

ALLENATRICI. "Ho avuto tante allenatrici: Lolli Montico, Roberta Farinelli che è quella storica, che mi prese a tredici anni; una di quelle chi mi ha insegnato di più è la mia prima allenatrice Chiara Tribolini, che ho avuto per due anni, ma mi ha forgiato dal punto di vista tecnico. Poi negli ultimi due anni ho scoperto Rossella Pibiri che mi ha insegnato tantissimo dal punto di vista tecnico e di metodologia, ma Stephan Miermont, coreografo francese trapiantato in America, mi ha stregato. Lui è un genio che riesce a farti arrivare oltre i tuoi limiti".

CAPITANO. "La carica di capitano mi è stata assegnata poco prima dei mondiali del 2009 a Roma. La nostra squadra non ha mai avuto un capitano. In questo evento così importante c’era bisogno di una figura guida. E’ stata una scelta del cittì di Laura De Renzis. All’inizio non mi ci riconoscevo molto in questo ruolo, poi mi ci sono abituata aiutata anche dal mio carattere".

SCUOLA. "Sono arrivata fino all'Università. Frequentavo Scienze Motorie che ho abbandonato. L'unico limite che mi aveva posto mia madre per continuare a praticare sport era andare bene a scuola. A volte studiavo la notte o la mattina prestissimo. Cercavo di seguire il più possibile le lezioni quei pochi gioni che andavo a scuola. Chiedevo appunti e a volte il resoconto delle lezioni telefonando alle compagne di classe. Alla fine sono riuscita a prendere diploma di liceo scientifico con sperimentazione in matematica e fisica. Se non avessi fatto questo sport mi sarei iscritta ad architettura. Ormai è tardi, ma la passione resta". 

TEMPO LIBERO. "Ora mi diverto a disegnare costumi o a migliorare l'estetica della mia casa, arredata con stile shabby chic. Mi piace trovare i pezzi unici di design. Soprattutto nei costumi trovo ispirazione su internet e poi butto giù le mie idee. Mi faccio consigliare da mia madre e dalla sarta che sanno in quale modo verrà realizzato il bozzetto. E' un lavoro d'equipe ma cerco di essere sempre originale. Nel tempo libero mi piace stare in casa e fare la pasta. Questo l'ho ereditato da mia nonna che era la regina della pasta fatta in casa. La mia passione erano i cannelloni e da piccola addirittura ne mangiavo dodici insieme, non so dove riuscivo a metterli. Mi fermavo solo perché costretta dagli altri. Ho la fortuna di avere braccia possenti e la domenica non fatico a preparare tutto io e lì sono pranzi luculliani soprattutto per mio marito, che è una buona forchetta, e per mio padre. Poi mi piace rilassarmi davanti alla tv, però con Marco litighiamo per i programmi da vedere. Lui "sta in fissa" per le serie tv, invece a me piacciono programmi più soft tipo Uomini e Donne, che non riesco il più delle volte a seguire perché sono in allenamento. Ora avrò più tempo e quindi mi dedicherò di più a programmi su Real Time come quelli di interior designer, oppure Masterchef che mi rilassano molto. I reality non mi fanno impazzire anche se l'esperienza di due anni fa al Grande Fratello è stata meravigliosa. Una novità che da sportivo impressiona. La casa era bellissima e mi piacerebbe porteciparvi in futuro. Anche se penso che l'Isola del famosi sia più adatta alle mie caratteristiche. E' una sfida e a me piacciono le competizioni, quindi penso che sarei perfetta".

Il SOPRANNOME. "La Tigre, me lo diede Carlton Myers, il vicecampione olimpico di basket che mi intervistò prima delle Olimpiadi. Lì mi chiese a che animale mi potevo paragonare e io risposi di getto la tigre, un po' per gli occhi un po' per il carattere aggressivo di cui tante volte sono stata criticata. Dopo quell'intervista ci fu molta curiosità e ricevetti anche dei costumi con tigri stampate".

ROMA. "E' la mia città e non la cambierei per nessuna cosa al mondo. Non seguo tanto il calcio, ma sono romanista. Ricordo l'addio di Totti: dovevo andare a cena fuori e non riuscii a staccarmi dal divano. Stavo piangendo come ho pianto oggi in acqua. Ero distrutta perchè mi sentivo un po' come lui immaginando la fine della mia carriera che si stava avvicinando. Mi sono sentita molto vicina a lui. Mio marito poi è un fan sfegatato e quando può mi porta allo stadio. Su Roma invece direi che è insostituibile. Il mio lavoro mi ha portato a girare tutti i continenti, ma dopo un po' che sono fuori non vedo l'ora di tornare dopo qualche giorno. Non la cambierei con nessun posto al mondo. Il sole, le persone, il centro è sempre una scoperta. Una favola".

RINGRAZIAMENTI. "Soprattutto a mia madre Daniela perché ha supportato e sopportato tutti i miei sacrifici e le mie problematiche. Mio padre Moreno invece mi ha dato il dna dello sportivo. Però mia madre ha saputo prendermi anche dopo un allenamento o una gara andata male. E' riuscita sempre a risollevarmi. Ha pianto e sofferto insieme a me. E' venuta qui in Corea e l'ho vista smagrita per la tensione della gara. Quindi ci siamo promesse appena tornate a Roma di ritagliarci un momento speciale insieme. Poi quando mi allenavo al Foro Italico era lì che mi aspettava quattro ore, aveva una pazienza biblica. Ha sacrificato la sua vita per me. Magari a discapito di mio fratello che era "parcheggiato" dai nonni. Ora Luca ha deciso di intraprendere questo sport. Lui è stato sempre un mio grandissimo fan, ma non aveva mai pensato di praticarlo. Abbiamo sei anni di differenza. Un giorno gliel'ho proposto e sapendo dell'apertura ai campionati nazionali ha iniziato a mettersi sotto. Lì ha capito la durezza degli allenamenti di uno sport che ti coinvolge e ti appassiona talmente tanto che ti dà la forza per superarla ed andare avanti. Ora lo porterò ad un camp di perfezionamento. Magari farò la sua allenatrice".

foto Pasquale Mesiano deepbluemedia.eu