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I cento anni della Triestina Nuoto

Federazione
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Riceviamo e pubblichiamo l'articolo del direttore del Centro Federale - Polo Natatorio "Bruno Biancni" di Trieste, Franco Del Campo, primo italiano a disputare due finali olimpiche di nuoto a Città del Messico 1968, giornalista e professore universitario, che ripercorre la storia dei cento anni di vita societaria della US Triestina Nuoto.

Breve storia dei 100 anni della U.S. Triestina Nuoto
(11.04.2019)
di Franco Del Campo
 
Le origini.
Non sono stati 100 anni di solitudine. La storia dell’Unione Sportiva Triestina Nuoto inizia 100 anni fa, dentro la vita della sua città, nel 1919, da una costola della U.S. Triestina Calcio. L’iniziativa era stata di un dirigente, Pino Comelli, per rispondere a un’aspirazione di tanti triestini, attratti irresistibilmente dall’acqua e dal nuoto. Non sono stati 100 anni di solitudine perché quella scelta, per certi aspetti coraggiosa, corrispondeva alla modernità di una città concepita come una piccola capitale dell’impero asburgico, vivace, multietnica, multireligiosa, intimamente cosmopolita. Trieste era una città europea, che si sentiva profondamente italiana e lo sport, a partire dalla storica Società Ginnastica Triestina (1863), aveva educato generazioni di giovani all’amor di patria. Eppure è Trieste, grigia ed attonita, ad accogliere il 2 luglio 1914 le salme dell’arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia, dopo l’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, che sarà il “casus belli” per la Grande Guerra. Subito dopo migliaia di triestini sono chiamati a combattere per l’imperialregio esercito austriaco, ma dopo il 24 maggio 1915, con la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, centinaia di giovani intellettuali triestini “disertano” e vanno a combattere e spesso a morire per l’italianità di Trieste. In questo contesto storico e culturale nasce prima la U. S. Triestina Calcio, nel 1918, e l’anno dopo la sua sezione Nuoto. I suoi atleti si riconoscono nel clima patriottico, che traspira dallo sport. Incredibilmente, l’anno dopo alla fondazione, nel 1920, ci sono già due atleti rosso alabardati, Antonio Quarantotto nel nuoto e Guglielmo Desanti nei tuffi, che partecipano all’Olimpiadi di Anversa. E’ la consacrazione di un’aspirazione olimpica che non abbandonerà mai l’U.S. Triestina Nuoto nei suoi 100 anni di vita. Trieste, però, sta cambiando e inizia una storia travagliata e dolorosa, che al patriottismo sostituisce il nazionalismo aggressivo e la persecuzione delle minoranze, come dimostra, proprio nel 1920, l’incendio del Balkan, la casa delle associazioni slovene in città. 
 
Il Poeta e la Campionessa.
Ma se si guarda il mare della città e i giovani che lo frequentano tra giochi e bracciate, si vede che gli anni Venti, Trenta e anche Quaranta, fino a un lembo di anni Cinquanta, sono stati l’età dell’oro della Triestina Nuoto. I suoi atleti erano forti, ma le nuotatrici erano formidabili.
Erano tante, forti e belle. Le foto un po’ sbiadite ce le mostrano orgogliose e sorridenti nella divisa un po’ abbondante della nazionale italiana, quando le triestine componevano il 90% della squadra azzurra femminile. Le nostre “mule” erano libere, invidiate, ammirate e facevano innamorare anche i poeti, come Umberto Saba, affascinato dal sorriso della “Campionessa di nuoto”, Hilde Precop, e “della bella bocca altera,
che sposò la tua aurora alla mia sera” (1944). Per anni le sorelle Bravin e Bianca Lokar, e poi ancora Ippaviz,  Scherl, Bertuzzi, Prekop, Foscatti, Scipioni, Ruzzier, Finc Gamacchio, Romana Calligaris e tante altre, fanno incetta di titoli italiani in tutte le specialità e nelle staffette. Un’altra scintilla di quel lungo periodo dorato riemerge quasi trent’anni dopo, con la vittoria ai campionati italiani assoluti del 1975 della staffetta 4x100 mista composta da Giulia Pettener, Maurizia Lenardon, Roberta Calvani e Laura Sterni, che -con le loro compagne e compagni di squadra- per un breve istante fanno quasi rivivere le glorie passate del nuoto rosso alabardato. Anche i maschi sono bravi, ma reggere la concorrenza delle “mule” non è facile. Eppure le origini si declinano soprattutto al maschile, con Biach, Omero, Perentin, Angeli, Andreani, e poi De Zucco, Bertetti, Grilz, Cambissa, Roberto Prekop, fratello di Hilde e Mafalda. I maschi si conquistano un momento di gloria con lo scudetto nella pallanuoto nel 1929, quando si giocava e ci si allenava sotto le travi, intrise di sale, del Bagno Savoia.
 
Il Bagno Ausonia tra acqua, amori e sogno olimpico.
Il nuoto rosso alabardato, pallanuoto e tuffi compresi, nascono nelle acque dell’ex bagno militare asburgico, diventato Savoia, per trasferirsi, negli anni Trenta, al vicino Bagno Ausonia, bianco, geometrico e razionale, in cemento, con tanto di piattaforme e trampolini per i tuffi e una vasca da 50 metri in acqua di mare. Anno dopo anno, generazioni di giovani, ragazze e ragazzi, si sono inseguiti in quell’acqua e immersi nel sole, crescendo, amandosi, lasciandosi e continuando a vivere una preziosa esperienza formativa. 
Il Bagno Savoia e poi il Bagno Ausonia custodiscono anche il sogno olimpico dei nuotatori rosso alabardati. Il percorso, iniziato ad Anversa, continua impetuoso all’Olimpiade di Parigi, quella di “Momenti di gloria”, con Emerico Biach e Ottone Andriani, e poi ancora ad Amsterdam nel 1928, con due nuotatori fortissimi come Sante Omero e Giuseppe Perentin, nato ad Isola d’Istria, che sarà presente anche a Los Angeles nel 1932. Nessun triestino del nuoto, invece, partecipa ai grandiosi Giochi di Berlino nel 1936, esaltati da Hitler per ragioni propagandistiche e raccontati magistralmente da Leni Reinfesthal nel suo “Olimpia”. Ma lo splendore olimpico non può nascondere che stanno arrivando tempi oscuri. Due anni dopo, il 18 settembre 1938, Mussolini viene ad annunciare –non a caso a Trieste- davanti ad una folla esorbitante in Piazza Unità, le “Leggi raziali”, che innescano la persecuzione delle comunità ebraiche anche in Italia. Poi arriva la guerra, voluta dal nazismo e l’anno dopo anche dal fascismo, che sarà la più feroce e sanguinosa di tutti i tempi. La guerra, naturalmente, interrompe qualsiasi spirito olimpico, costruito sulla pace e il rispetto reciproco. Guerra e dopoguerra a Trieste sono particolarmente crudeli. La Germania nazista, tra il 1943 e il 1945, aveva programmato l’annessione della città al Terzo Reich e ne consegue la costruzione, unico in Italia, di un campo di sterminio e di smistamento, alla Risiera. La sua “liberazione”, il primo maggio del 1945 da parte del IX Corpus di Tito, apre una stagione breve e feroce di vendette, delazioni, processi sommari ed eliminazione di fascisti, collaborazionisti, uomini in divisa, ed anche di oppositori politici democratici, compresi partigiani italiani, gettati nelle “foibe”.
 
Il nuoto a Trieste supera la “cortina di ferro”.
Il trauma per la città è terribile, ma lo sport restituisce orgoglio ed identità a una Trieste ferita.
Lo spirito olimpico rinasce con i Giochi di Londra nel 1948, e gli italiani, ambiguamente sconfitti e vittoriosi, entrano a stento tra le nazioni partecipanti. Per lo sport è un ritorno trionfale con ben tre triestini, nel mitico “Sette bello” che vincerà l’oro olimpico nella pallanuoto: Cesare Rubini, cha ha già lasciato la sua città per andare a giocare a Milano, Andrea Ghira e Alfredo Toribolo. Vent’anni dopo, Toribolo, “zio Edo”, succede a Bruno Benussi nella guida della Triestina Nuoto e sarà il volitivo presidente che -dopo quasi mezzo secolo- definirà la separazione del nuoto dalla “casa madre” della Triestina Calcio. 
Nei primi anni Cinquanta, Trieste vive nel cuore della “guerra fredda” ed è il capolinea meridionale della “cortina di ferro”, secondo la definizione di Winston Churchill del 5 marzo del 1946 a Fulton, in Missouri.  La Venezia Giulia, nel 1947, viene divisa, come Berlino, dalle potenze vincitrici in Zona A e Zona B. Trieste è sotto il Governo Militare Alleato, guidato dal generale britannico Thomas Willoughby Winterton, quando, nel novembre del 1953, una manifestazione di studenti viene repressa duramente dalla Polizia civile, con morti e feriti. L’anno prima, in questa paradossale storia parallela e divergente tra sport e politica, all’Olimpiade di Helsinki (1952) ci fu la più numerosa partecipazione di triestini nella storia dei Giochi, con Romana Calligaris, Dragusa Camacchio, Giovanni Paliaga, Giorgio Grilz, Cesare Rubini, Fides Benini.
 
Arriva l’Italia e prima piscina coperta a Trieste.
Il 4 novembre 1954 Trieste ritorna all’Italia nella sua “seconda redenzione”, in un tripudio di folla, in una giornata piena di vento e pioggia, e come “dono” arriva la prima piscina coperta della città, sulle rive, una vera cattedrale del nuoto, con castello per i tuffi e una misura “furba” di 33 metri, che presto diventa irregolare per le gare di nuoto. Due anni dopo, all’Olimpiade di Melburne (1956), la prima nell’emisfero australe, ci sarà un solo triestino, il “principe” Cesare Rubini, bronzo nella pallanuoto dopo l’oro di Londra. 
Nel 1960, in pieno boom economico italiano, arriva la magica Olimpiade di Roma, quella di Abebe Bikila, che vince correndo scalzo la maratona, e di Nino Benvenuti che vince l’oro nella boxe, iniziando una carriera mondiale.
Ai Giochi di Roma nel 1960, nel nuoto ci sono anche Lalla Cecchi e Pierpaolo Spangaro, entrambi dell’Edera Trieste, la società che negli anni Venti era stata chiusa dal regime fascista perché emanazione del Partito Repubblicano, e dell’ex rosso alabardato Bruno Bianchi, capitano della squadra azzurra, che si era già trasferito a Torino per ragioni di studio e lavoro. Tutti e tre si ritrovano ai Giochi di Tokio nel 1964, ma due anni dopo, il 28 gennaio 1966, nella tragedia di Brema muore Bruno Bianchi con i suoi compagni di squadra Dino Rora, Sergio De Gregorio, Amedeo Chimisso, Luciana Massenzi, Carmen Longo, Daniela Samuele, il tecnico Paolo Costoli e il telecronista della Rai Nico Sapio. 
 
Pugni e stragi ai Giochi Olimpici.
Nel fatidico 1968, anno di lotte, trasformazioni, speranze e presunte rivoluzioni, i Giochi si tengono a Città del Messico, ma vengono “aperti” dalla strage degli studenti, il 2 ottobre, messi in trappola e massacrati dall’esercito nella Plaza de las Tres cultures. E’ l’Olimpiade dei pugni chiusi per protesta da Tommie Smith e John Carlos, affiancati silenziosamente dall’australiano Peter Norman, arrivato secondo nei 200 piani, che per solidarietà con i due atleti afro-americani indossò durante la cerimonia la coccarda dell’Olympic Project for Human Rights. Tutti e tre pagheranno duramente, per il resto della vita, quella protesta. 
Nell’aria rarefatta ed inquinata di Città del Messico c’è anche il rosso alabardato Franco Del Campo, con barba e capelli forse troppo lunghi, primo italiano nella storia del nuoto a conquistare due finali olimpiche, nei 100 e 200 dorso, due volte ottavo, due volte ultimo, ma pur sempre due volte in finale. 
Poi c’è un buco di un quarto di secolo e nessun nuotatore rosso alabardato parteciperà ai Giochi olimpici fino a Marco Braida, che sfiora la finale nei 100 delfino all’Olimpiade di Barcellona nel 1992. E’ una lunga pausa, riempita solo in parte da due triestini nati e cresciuti tra i “cugini” dell’Edera, Roberto Pangaro e Sergio Irredento nel 1972 a Monaco, macchiata con il sangue dai terroristi di Settembre nero, e solo Pangaro nel 1976 a Montreal, ma entrambi emigrati da tempo a Roma per trovare stimoli e adeguate possibilità di allenamento. Ad Atlanta, nel 1996, Luca Giustolisi, che ormai gioca nel Pro Recco -talentuoso figlio di Peppo Giustolisi, arbitro internazionale e presidente della Triestina Nuoto- conquista la medaglia di bronzo nella pallanuoto. 
 
Da una costola della Triestina Nuoto, nasce la Pallanuoto Trieste.
Intanto gli anni passano e il nuoto subisce un affaticamento tecnico, come tante discipline a Trieste. Forse anche per questo, con una scelta di generosa lungimiranza, nel 2003, nasce la Pallanuoto Trieste dalla fusione delle due sezioni della Triestina Nuoto e dell’Edera Trieste, ormai sull’orlo della chiusura, questa volta per ragioni economiche e non politiche, come era successo negli anni Venti, ma sopravvive la sezione tuffi con la Trieste tuffi. La Pallanuoto Trieste, poi, darà molte soddisfazioni alla città, arrivando fino alla A1 e aprendo anche alla pallanuoto femminile, ma questa è un’altra storia. 
Nel gennaio del 2005 le discipline del nuoto vivono un evento straordinario con l’apertura di un nuovo polo natatorio, con due vasche olimpiche, una coperta e una scoperta, e una da 25 metri coperta per la didattica e piattaforme e trampolini per i tuffi. Il nuovo polo natatorio, il più grande e complesso d’Italia, verrà intitolato a Bruno Bianchi, dopo la demolizione della vecchia e gloriosa piscina sulle rive. E’ la realizzazione di un sogno antico di generazioni di triestini ed ospiterà prestigiose manifestazioni internazionali, dagli Europei in vasca corta nel 2005 alle qualificazioni olimpiche nella pallanuoto maschile e femminile. Questo permette la rinascita dei tuffi a Trieste, che aveva avuto grandi pionieri, tra i quali Renzo Petronio e Mario Bremini, e saranno proprio i tuffi, con l’arrivo di Noemi Batki, ungherese, ma ormai triestina di adozione, allenata dalla madre Ibolda Nagy, a riportare i colori rosso alabardati ai Giochi olimpici, due volte in finale, nel doppio a Pechino (2008) e dalla piattaforma a Londra (2012) e carica di medaglie agli Europei e alle Universiadi. 
 
Dai talenti in fuga al ritorno al futuro.
Nel nuoto, invece, i talenti non mancano, ma i migliori se ne vanno a Roma, spesso nella ricca e potente Canottieri Aniene, ceduti con generosità dalla loro società d’origine. E’ il caso di Nicola Cassio, quarto in finale con la staffetta azzurra 2x200 a Pechino nel 2008, da quest’anno ritornato a casa come general manager della società rosso alabardata. E di Piero Codia, sorprendente vincitore nei 100 delfino agli Europei di Glasgow nel 2018, lanciato verso i Giochi di Tokio del 2020. 
Adesso, anche se è faticoso confrontare il presente con un passato tanto glorioso, l’attività della Triestina Nuoto continua. 
Da 14 anni, può fare affidamento su un impianto comunale prestigioso, gestito dalla Federazione Italiana Nuoto, che permette di allargare la sua attività, oltre al nuoto e ai tuffi, anche al syncro e al nuoto paralimpico, dal quale vengono –oltre la sua preziosa funzione sociale ed educativa- tante soddisfazioni. 
La storia centenaria del nuoto rosso alabardato continua, ma nel tempo si sono perse tante memorie e delle origini rimangono ormai solo foto un po’ ingiallite. Forse bisognerebbe riempire uno scrigno di memoria collettiva con vite, passioni, amori e delusioni, qualche trionfo, molte vittorie e tante sconfitte; memorie che –finché è possibile- andrebbero raccontate, ai giovani, che rischiano di crescere senza conoscere il passato e quindi con una identità improvvisata, che non va troppo oltre la propria esperienza. 
La storia del nuoto rosso alabardato continua, anche con l’impegno di dirigenti e tecnici, perché la società è sana, grazie al presidente Renzo Isler, i talenti da scoprire e far crescere non sono mai mancati e Trieste è affezionata a un pezzo così importante della sua identità. Adesso si tratta di programmare un ritorno al futuro, senza dimenticare il passato.